
- By: Redazione AISOPOS
- On: 27 Gennaio 2021
- Categorie: Arte, LifeStyle
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Il 27 gennaio 1901, alle 2:50 di notte, il Maestro Giuseppe Verdi morì, nella sua stanza al Grand Hotel et de Milan, che aveva scelto sin dal 1872 come residenza milanese. Gli ultimi giorni del Maestro sono raccontati come un momento di grande commozione per tutta la città di Milano: tanto era il rispetto provato dai cittadini e dal Comune, che le strade intorno all’albergo furono cosparse di paglia per diversi giorni, per non disturbarlo con il rumore degli zoccoli e delle carrozze e permettergli di riposare.
Il Maestro sul letto della stanza 105 de Il Grand Hotel et de Milan
L’annuncio della morte di Verdi fu dato il 28 gennaio dal librettista Giuseppe Giacosa nelle pagine del quotidiano piacentino “Libertà”, notizia che sarà presto ripresa da tutti i quotidiani e settimanali del periodo.
Giuseppe Verdi, Musicista (Roncole, Busseto, 10 ottobre 1813 – Milano 27 gennaio 1901). Massimo operista italiano dell’Ottocento, tra i più celebrati di tutti i tempi, musicò 28 opere, alle quali vanno aggiunti cinque rimaneggiamenti. In esse la magistrale padronanza dei mezzi tecnici e drammatici è messa al servizio dell’espressione di accese passioni romantiche. Tra i suoi capolavori: Rigoletto (1851), Il Trovatore (1853), La Traviata (1853), in cui Verdi, ormai ricco e affermato, non ebbe paura di affrontare temi anticonvenzionali o addirittura scabrosi per l’epoca, con insuperabile talento drammatico e grande capacità di introspezione psicologica. Sebbene colpite dalla censura e inizialmente accolte negativamente dal pubblico, le tre opere raggiunsero presto grandissima popolarità; le parallele vicende politiche del Risorgimento che avrebbero portato all’unità d’Italia aumentarono inoltre il prestigio di Verdi come musicista nazionale.
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La Traviata, regia di Franco Zeffirelli La Traviata di Zeffirelli, Vittorio Grigolo “Alfredo”
“Verdi fu generosissimo nella sua vita, sempre attento ai bisogni degli ultimi. Oltre alla Casa di riposo, si adoperò per costruire anche l’ospedale di Villanova sull’Arda, ancora oggi funzionante, fu uno dei più grandi artisti della storia, un drammaturgo talmente fine da contendersi il primato forse solo con Shakespeare, di cui per altro rese celebri i drammi attraverso le sue opere. A Verdi va riconosciuto il merito di essere stato anche un grande uomo politico, deputato del Regno d’Italia e convinto cavuoriano, che ha contribuito a creare l’Italia e che l’ha raccontata nelle sue opere, insieme ai vizi e alle virtù degli italiani. In Un ballo in maschera è evidente il contenuto prettamente politico dell’opera: in Riccardo, il protagonista, possiamo ipotizzare che Verdi tessesse le lodi di Cavour, uomo forte in grado di risollevare le sorti dell’Italia, dietro a Riccardo che antepone l’amor di Patria a quello della donna amata, possiamo intravedere anche il Verdi uomo, che prima di diventare deputato, ufficializza la sua lunga relazione sentimentale con Giuseppina Strepponi, sposandola come ci si aspetterebbe da un politico” – cit. Gianmaria Aliverta, appassionato studioso del Maestro di Busseto –
Dopo un mese, il 27 febbraio 1901, terminati i lavori della Casa di Riposo, si tenne un secondo funerale a cui parteciparono le più alte cariche dello Stato e i personaggi più illustri della società, anche stranieri. Quasi mille coristi diretti da Toscanini, intonarono il Va pensiero, e lungo il percorso dal Cimitero Monumentale alla Casa Verdi si assieparono e si unirono al corteo oltre 300 mila persone, arrampicate anche sugli alberi. Si racconta addirittura che un tronco cedette e un uomo perse la vita. Il corteo era così imponente che impiegò 11 ore per raggiungere il palazzo in Piazza Buonarroti.
Nelle “Lettere 1843-1900” a cura di Baldassarre/Onorelli, si leggono le intenzioni testamentarie di Verdi: “Ordino che i miei funerali siano modestissimi e si facciano allo spuntar del giorno o all’Ave Maria, di sera, senza canti e suoni. Basteranno due preti, due candele e una croce. Si dispenseranno ai poveri di Sant’Agata lire mille il giorno dopo la mia morte. Non voglio alcuna partecipazione alla mia morte con le solite forme.”
Ma tanto era l’amore degli italiani per Verdi, che non fu organizzato solo un “funerale modestissimo” com’era la richiesta del Maestro. In effetti, il primo funerale avrebbe dovuto svolgersi in forma privata, portando il feretro al cimitero monumentale di Milano, una mattina presto, lontano da occhi indiscreti se non quelli di alcuni studenti delle scuole elementari. Ma da ogni parte di Milano sin dalle prime luci dell’alba la folla accorse e furono impiegati 7 preti e non 2 come richiesto. Come racconta il Corriere del 2 febbraio 1901: “Il corteo percorse via Manzoni, piazza Cavour, via Manin, i bastioni di Porta Nuova, quelli di Porta Garibaldi fino al viale del cimitero Monumentale. Lo spettacolo che presentavano i bastioni, in qualche punto sollevati sulla via incassata fra essi, non si descrive. Soltanto su ora i bastioni attendevano da due ore decine di migliaia di persone. E il carro passava lentamente, avvolto nella nebbia mattinale, assumendo co’ suoi pennacchi e le gale un aspetto fantastico; e dietro camminavano urtandosi, sospingendosi altre decine di migliaia di uomini e di donne basso per la tristezza della funzione e dell’ora.”

“Delle mie opere, quella che mi piace di più è la Casa che ho fatto costruire a Milano per accogliervi i vecchi artisti di canto non favoriti dalla fortuna, o che non possedettero da giovani la virtù del risparmio. Poveri e cari compagni della mia vita!”

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